“Paternalismo canaglia”: questo mondo che proprio non sopporta la gioventù

Era il lontano 2002, precisamente il 7 luglio. Il giorno dell’orale del mio esame di maturità non ero sola. C’erano con me, in disparte, discreti, la mia mamma e il mio papà.

A nessuno venne in mente di criticare quella scelta. Loro erano lì. 

Se oggi dovessi chiedere ai miei genitori come andò, non credo si ricorderebbero i dettagli. Non erano lì per controllare o fare tifo da stadio, ma soltanto per starmi accanto in un momento importante per me. Erano lì non per approvare o accettare. Solo per amore. Questo è il ricordo più bello, forse l’unico (il resto si è perso nel tempo), del mio esame di maturità.

Oggi leggo, su qualche giornale e su tutti i social, critiche alla presenza di genitori all’orale dei propri figli e delle proprie figlie. Mamma, papà, fratelli, sorelle, in alcuni casi anche nonni. Fiori, spumante e coriandoli.

Si tratta di “infantilizzare” un momento di passaggio? No, non credo proprio.

Ultimamente vi è una facile abitudine nel criticare tutto ciò che riguarda i giovani. Tutto ciò che fanno, tutto ciò che dicono, qualsiasi cosa omettano.

Probabilmente fa parte di quel gioco che vede in conflitto nuove e vecchie generazioni, ma ci si lascia un po’ troppo andare a “ai miei tempi, signora mia” o “quando ero giovane io non c’era tutto questo”.

La tentazione di un paternalismo asfissiante è sempre dietro l’angolo, di un facile giudizio applicato a ragazzi e ragazze che, pare, non siano come noi (ma per fortuna!). 

La nostra musica era migliore, i nostri comportamenti erano corretti, quando eravamo giovani noi i treni arrivavano in orario…ah, no, quello era un altro tipo di paternalismo.

Insomma, tutto ciò che è nuovo appartiene a una sfera di inaccettabilità, di impossibile comprensione in confini stretti, nelle nostre prigioni culturali che non ci trascendono, che non fanno altro che scavare solchi profondi fra noi adulti e i giovani dal linguaggio intraducibile, e perciò stesso errato, criticabile, da respingere.

Abbiamo, evidentemente, dimenticato quando eravamo noi ragazzi e ragazze, i nostri conflitti con genitori e insegnanti, le critiche che abbiamo subito dagli adulti di allora, le distanze fra noi e le generazioni precedenti. 

Questa cattiva memoria ci ha resi astiosi, ostili, in una Babele di lingue intraducibili crediamo che la nostra sia l’unica da parlare, anche quando è evidente la sua inintelligibilità.

La presenza dei genitori durante l’ultimo atto della maturità, la prova orale, è probabilmente una delle poche cose belle che c’è dato di osservare in tempi incerti come questi. 

Un bacio, un abbraccio, dei fiori e i sorrisi di chi crede che la tua vita sarà meravigliosa, nonostante tutto e nonostante tutti. 

Le prove saranno molte, ma in quel momento hai la certezza che, comunque andrà, lì in un angolo, discreti, ci saranno sempre mamma e papà, non per impedirti di crescere, ma per amarti.

Calvino, in un celebre passo de “Le città invisibili” ci dice di cercare in mezzo all’inferno ciò inferno non è, e farlo durare

Non so se noi adulti abbiamo smesso di cercare, ma sicuramente stiamo insegnando alle nuove generazioni che la vita è solo fatica e che i momenti di gioia sono superflui e sciocchi.

Ebbene, questo è il segno dei tempi: solo la meta e i mezzi per raggiungerla, null’altro conta.

Eppure, c’è una forza giovane che resiste a tutto questo, che sa ancora amare, che sa ripudiare questo paternalismo gretto di un mondo morente che non vuole ancora cedere il passo.

Il mondo è vostro, cari ragazzi e care ragazze! Prendetevi tutto l’amore che vi viene dato, a dispetto di tutto e tutti, nonostante le critiche e i rigurgiti di vecchiume. Non sarete compresi, ma siete amati. Ed è più di quanto possiate desiderare in questa vita!

Post recenti

Leave a Comment